La parola “vintage” inizialmente utilizzata
nel linguaggio enologico (e che letteralmente significa vendemmia), assumeva il
significato di “vini d’annata difficilmente reperibili”, poiché, lasciati fermi
per molto tempo, acquistavano maggior valore e pregio.
Questo termine è, poi, entrato nel linguaggio comune soprattutto
nel settore moda. Gli abiti e i gioielli
devono sottostare a requisiti particolari per essere considerati vintage:
il criterio più basilare e generale è che tali oggetti appartengano a periodi, decenni
e mode passate rispetto a quella attuale di cui si serba un
caro ricordo senza che queste abbiano nulla a che fare con la contemporaneità. Chi
abbia concretamente deciso che un pezzo con una storia di almeno 25 anni può
essere nuovamente indossato rimane un’incognita, ma ciò che è certo è che la passione e la ricerca di capi di seconda
mano si è andata via via diffondendo negli anni, e forse lo
sviluppo di questa tendenza è il risultato di una naturale curiosità per il passato. Dopotutto, chi può affermare di non
essere mai stato attratto dal baule della mamma o della nonna alla ricerca di
veri e propri tesori sospesi nel tempo? Nell’era della produzione di massa in
cui la maggior parte della popolazione si può permettere molti dei marchi
commerciali più noti, si assiste a un desiderio crescente
di autoaffermazione per
cui, coloro che riescono a distinguersi grazie a uno stile unico e originale,
emergono visibilmente tra la folla.
Da MiniMag Ottobre 2012
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